Valerio Di Cesare ha messo gli scarpini al chiodo da meno di un anno, ma non ha mai davvero abbandonato il campo. Il suo addio al calcio giocato, arrivato lo scorso maggio dopo una stagione vissuta da protagonista con 37 presenze, e da principale artefice della salvezza con gol decisivi, non ha segnato una fine, ma l’inizio di un nuovo percorso. Oggi è vice direttore sportivo del Bari, e il suo ruolo – sebbene meno visibile rispetto a quando indossava la fascia da capitano – resta centrale. E ora, in questo delicatissimo finale di stagione, potrebbe essere proprio lui a fare la differenza.
Perché Di Cesare conosce questa squadra come pochi altri. Ha condiviso lo spogliatoio con buona parte dei calciatori ancora in rosa, ha vissuto con loro le gioie della promozione e l’amarissimo epilogo della finale playoff persa contro il Cagliari. E anche in questa stagione, pur lontano dal rettangolo verde, ha mantenuto vivo quel filo diretto con il gruppo. Sa come parlargli, quando intervenire e quando restare in silenzio. È uno di loro, ma con lo sguardo già da dirigente.
Finora il suo lavoro dietro le quinte è stato più umano che operativo: ha fatto da ponte tra società e spogliatoio, ha provato a ricostruire quell’alchimia andata perduta da inizio stagione, quando il Bari sembrava smarrito. Un lavoro fondamentalmente interno e abbastanza lontano dai media. Ma in questo rush finale – con i playoff ancora possibili – Di Cesare può e deve alzare il livello del suo intervento. La sua esperienza può pesare nelle scelte settimanali, nel motivare i leader dello spogliatoio, nel riportare l’ambiente su binari di concretezza. Può parlare ai giocatori con l’autorevolezza di chi ci è passato, di chi ha portato il Bari in alto, di chi ha lottato con la maglia addosso come pochissimi altri nella storia di questo club.
L'ex capitano potrebbe intervenire in maniera più decisa anche sul piano strategico, affiancando Magalini nelle scelte tecniche e dando un contributo più concreto nella lettura delle partite, dei momenti e delle dinamiche interne. Potrebbe diventare, insomma, un punto di riferimento non solo morale ma anche tattico per la società, andando oltre il ruolo di “uomo spogliatoio”.
Di Cesare non è più il difensore che chiudeva ogni varco, ma può ancora proteggere questa squadra. Con la sua presenza, con la sua voce e con la sua capacità di leggere i momenti. Il Bari ha bisogno di leader, ora più che mai. E il suo ex capitano, oggi uomo di società, è chiamato a esserlo ancora. Magari non per novanta minuti in campo, ma per ogni istante fuori.
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