Qualcuno forse potrà storcere il naso e non sarà d’accordo con la scelta che segue, ma crediamo sia giusto e dovuto, dedicare almeno una “puntata” di questa nostra rubrica a Paulo Vitor Barreto.
Ci scuseranno dunque tutti coloro i quali giudicheranno inopportuno ricordare quello che fino all’alba dell’ultima stagione in serie A, era considerato da tutti (tifosi e addetti ai lavori) l’uomo simbolo del Bari, ma ci permettiamo di dissentire. La storia è storia, e parla chiaro.
E la storia narra che Paulo Vitor Barreto, classe 1985, brasiliano di Rio de Janeiro è certamente stato il giocatore più importante degli ultimi anni in casa biancorossa.
Le sue reti e le sue giocate sono state determinanti sia per la promozione in A (del tutto inaspettata e attesa per quasi dieci anni), sia per raggiungere la tranquilla salvezza nella stagione successiva con Ventura in panchina.
Barreto, scovato quando era ancora poco più che un ragazzino dai dirigenti del Treviso, arrivò in Italia nel 2003 ed esordì in serie B proprio con la maglia biancoceleste dei veneti.
In due anni, dodici centri, che gli valsero comunque il salto di categoria grazie all’Udinese che lo acquistò nell’estate del 2005; in Friuli però poco luci e molte per lui che comunque riuscì a ritagliarsi un certo spazio in squadra. Nel 2007 il ritorno al Treviso, dove andò a segno 14 volte e, nel luglio 2008, il passaggio in prestito al Bari di Antonio Conte.
Quest’ultimo sembrava potesse essere il punto di svolta per la sua carriera e finalmente il momento della tanto attesa e annunciata esplosione definitiva; posto garantito, possibilità di giocare con continuità e senza eccessive pressioni (che sarebbero poi piacevolmente emerse nel corso della trionfale stagione), tutto ciò che un giocatore vorrebbe per lavorare in tutta serenità.
Bari che sembrava essere nel suo destino dopo che qualche anno prima, durante la gara del suo Treviso proprio al San Nicola, aveva seriamente rischiato la vita. Un bruttissimo scontro con Michele Anaclerio, il brasiliano che cade rovinosamente a terra e tutto lo stadio ammutolito…la diagnosi è agghiacciante: trauma distorsivo del rachide cervicale, per fortuna senza lesioni permanenti.
Insomma, proprio nello stadio dove aveva rischiato di vedere interrotta la sua giovane carriera, Barreto diventa un vero idolo, la stella dei galletti, il giocatore di qualità capace con le sue giocate di cambiare il corso delle partite. E in quella fantastica stagione, di gare, il brasiliano ne decise davvero tante: indimenticabile, ad esempio, una sua doppietta alla Triestina che diede a tutto l’ambiente la consapevolezza che l’impresa era possibile, finalmente.
Conte non ebbe alcun dubbio a puntare forte su questa seconda punta velocissima, capace però anche di fare reparto da solo. I risultati furono esaltanti: 23 gol nel suo primo anno in un club importante, che lottava realmente per un obiettivo prestigioso, la promozione.
A Bari era ormai esplosa la Barreto-mania, tutti aggrappati al talento del brasiliano in vista della stagione della conferma, c’era da lottare e guadagnarsi la permanenza nel massimo campionato. Gli scettici (erano e sono tanti) avanzarono dubbi sulle sue capacità di essere così tanto decisivo anche in A, ma furono presto smentiti dai numeri. Nonostante l’addio burrascoso di Conte, l’arrivo di un altro tecnico non impedì a Barreto di trascinare il Bari alla salvezza e realizzare 14 reti (memorabili quelle segnate alla Juventus e all’Inter).
La sorte avrebbe continuato a sorridere al funambolo brasiliano, nel frattempo diventato per metà di proprietà dei biancorossi? La risposta, purtroppo, la conosciamo tutti.
L’inizio esaltante nello scorso campionato ci aveva soltanto illuso…Proprio di questi tempi iniziava l’inarrestabile declino del Bari che sarebbe culminato con la deprimente retrocessione in B e in una stagione tra le più deludenti di tutta la storia biancorossa.
Ma la crisi della squadra siamo certi possa essere addebitata anche all’incubo in cui il brasiliano era nel frattempo finito: il suo ormai tristemente noto infortunio muscolare, con annesse ricadute, che gli impedì di tornare in campo e salvare una situazione sempre più disperata per i suoi compagni, assolutamente incapaci di reagire.
E’ in quel momento che finiva la storia d’amore tra i tifosi e il brasiliano; dubbi, incomprensioni, la sua sfiorata cessione alla Fiorentina nel mercato di gennaio, non avevano fatto altro che accrescere il malumore dell’intera piazza. A macchiargli in maniera indelebile la reputazione però, l’episodio avvenuto in concomitanza dell’allora nascente problema economico della società: Barreto, assieme ad altri suoi compagni, si rifiutava di firmare l’accordo che prevedeva una spalmatura del pagamento degli stipendi.
L’ultimo atto, il suo conseguente addio ai colori biancorossi.
Con molti rimpianti, per quello che poteva essere e non è stato, per quel giocatore massima espressione di una squadra capace di imporre su ogni campo il suo gioco spettacolare, per il brasiliano osannato quanto e forse più del suo celebre connazionale Joao Paulo anni fa dalla curva.
Lungi dal voler in alcun modo tentare di riabilitare la figura di Barreto agli occhi dei tanti tifosi ancora scossi e delusi, ci limitamo a far notare come Barreto, oggi tornato all’Udinese, sia ancora alle prese con il maledetto infortunio che ne ha segnato gli ultimi mesi a Bari.
Forse non era tutta una bufala, forse sarebbe bastato avere meno fretta nel recuperarlo ad ogni costo alla causa. Ora non ci importa più, è andata così, ma vedere Barreto tornare ai suoi livelli permetterà a tutti di ricordare le sue gesta con la maglia del Bari, così come andrebbe fatto.
E chissà, non ci saremmo qui a scrivere di un "triste" lieto fine...
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