Nel 1983, primo anno della presidenza di Vincenzo Matarrese, il Bari affidò la guida tecnica al milanese Bruno Bolchi per disputare il campionato dell'allora serie C. I biancorossi, pertanto, arrivavano dall'esperienza con l'innovatore Enrico Catuzzi ma fu poi con "Maciste", nel triennio successivo, che riuscirono nell'impresa di salire fino in A senza saltare un anno. L'ex centrocampista dell'Inter aveva appeso le scarpette al chiodo soltanto nove anni prima, ma comunque aveva già collezionato esperienze importanti su panchine come Pistoiese, Messina, Novara, Atalanta e Cesena. Gli venne quindi affidata una fuoriserie per la categoria, merito del lavoro del diesse Franco Janich e di una nidiata fantastica proveniente dal vivaio biancorosso, e conquistare la B fu uno scherzo. Indimenticabile a tal proposito la straordinaria cavalcata di quell'anno in coppa Italia, dove squadre come Lazio, Juventus e Fiorentina cedettero il passo ai galletti.
TuttoBari.com ha contatto in esclusiva per i suoi lettori l'ex tecnico che, come ci ha chiarito subito, attualmente è un nonno full-time. Con lui abbiamo piacevolmente ripercorso quelle tre memorabili stagioni e voluto sapere la sua, da navigato uomo di calcio, circa la squadra che quest'anno, fra ostacoli non propriamente sportivi, si sta barcamenando nella serie cadetta.
Alla veneranda età di 71 anni di cosa si occupa attualmente? “Innanzitutto faccio il nonno. Poi vivo con serenità la mia vita in famiglia, cosa che per tanti anni non ho potuto fare causa il lavoro”.
Tre anni a Bari, tre campionati diversi sempre in crescendo. Quale fu il segreto di quella splendida cavalcata? “Arrivai a Bari nell’83’, in concomitanza con il fatto che Vincenzo Matarrese diveniva presidente del club. Con lui e il direttore sportivo Janich allestimmo una squadra che poteva essere considerata un autentico lusso per la serie C: era composta da tantissimi giovani e (qui bisogna dare atto al settore giovanile biancorosso che aveva lavorato molto bene) in più abbiamo integrato la rosa con gente d’esperienza come Cavasin, Messina e Lopez. Alla fine quindi venne fuori una formazione nettamente superiore per la categoria, tant’è vero che ci fu anche l’exploit della coppa Italia con il raggiungimento delle semifinali. Questa cavalcata, con vittime illustri quali Lazio, Juventus e Fiorentina, eclissò quasi la promozione in B. in seguito sulla scia dell’entusiasmo dovuto a giovani come Loseto, Cuccovillo, De Trizio e tanti altri, più un paio d’innesti di livello come Bivi che divenne capocannoniere, vincemmo anche la serie B. Pertanto, mentre vincere la C fu d’obbligo, la vittoria nell’anno successivo fu una piacevole sorpresa”.
Lei ha nominato la bella prestazione offerta nell’83’-84’ in coppa Italia. Fra la Juventus trapattoniana e la Fiorentina di De Sisti quale fu l’osso più duro da battere? “Sicuramente la Juventus perché l’avevamo già incontrata nel girone eliminatorio. A Torino poi, nell’andata degli ottavi, Zoff e company ci snobbarono e lì vincemmo 2-1. Probabilmente li avevamo fin troppo sorpresi, mentre loro ci avevano sottovalutati. Nel ritorno infatti sapevano delle difficoltà che avrebbero incontrato e giocarono alla morte, poi però pareggiammo 2-2 e li eliminammo”.
Nei tre anni in Puglia qual è stato il giocatore più forte che lei ha avuto la fortuna di allenare? “Teoricamente Cowans. Lui, nazionale inglese, veniva da un brutto infortunio, in più si fece male con noi in coppa Italia e purtroppo non riuscì a dare quel contributo determinante che ci aspettavamo”.
In passato, parlando con Terracenere, Giusto, Guastella ed in ultimo Bivi, tutti all’unanimità hanno sottolineato le sue doti umane di grande comunicatore… “Questo mi fa piacere perché io ho sempre creduto nel rapporto coi giocatori. Anch’io li ricordo con affetto e posso dire in tutta franchezza che con loro si instaurò un rapporto come fra padre e figlio, una qualcosa che esulava dal risultato sportivo”.
Torniamo ai giorni nostri. Ha già avuto modo di osservare quest’anno il Bari, che gliene pare? “Mi sembra che stia facendo un po’ di fatica. Sinceramente pensavo che potesse approcciare meglio a questo campionato, però siamo ancora all’inizio e mi auguro che si possa riprendere e chiudere dignitosamente la stagione”.
Come ci raccontava pocanzi è stato il primo allenatore dell’era presidenziale di Vincenzo Matarrese. Conoscendolo bene è dell’idea che lascerà il Bari a cuocersi nel suo brodo o lo salverà? “Conoscendo il carattere ed il carisma di Vincenzo Matarrese, e la forza della famiglia, sono convinto che si riprenderà il Bari. Penso che la città ed i suoi tifosi gli debbano essere grati per gli anni fin qui vissuti a grandi livelli. Non bisogna abbandonarlo, bensì stargli vicino. Sono sicuro che riuscirà a risollevare la situazione da leone combattente qual è!”.
Domenica sera Torino-Bari. Oltre che allenatore del Bari ha vestito prima ancora, per cinque anni (1965-70), la casacca granata. Come finirà? “Il Toro quest’anno sta facendo un grande campionato dopo anni di grossa delusione. Ha dalla sua la grandissima esperienza di Ventura e penso che alla luce di ciò i biancorossi incontreranno delle difficoltà”.
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