Il Bari riparte da Davide Nicola dopo aver toccato a Crotone il punto più basso della gestione Paparesta. A pagare è stato Devis Mangia. Difficile dire adesso se l'ex allenatore del Livorno sarà l'antidoto ai mali dei pugliesi. Nel frattempo, ecco il profilo tout court del tecnico piemontese.
Un'onesta carriera da calciatore come difensore di personalità e carisma. La bellezza di 401 presenze in B con le maglie, tra le altre, di Genoa, Torino, Ternana e anche della vicina Fidelis Andria. Una fugace apparizione in A, tra le fila del Siena. Chiude la carriera al Lumezzane, in Prima divisione e proprio nella società lombarda inizia quella da allenatore. Già dalla sua prima esperienza si intuisce che il giovane Nicola ci sa fare e conduce il piccolo club rossoblù ad un passo dai play-off valevoli per la promozione in Serie B. In due campionati, un sesto e un ottavo posto, piacevoli novità in casa Lumezzane.
A fine anno rescinde con i lombardi per rispondere alla chiamata di Spinelli, intento a ricostruire il Livorno dalle macerie dell'annus horribilis culminato con una salvezzza stentata e soprattutto con la tragica morte di Piermario Morosini. Nicola eredita un gruppo sfiduciato e allo sbando (trovate similitudini?) e in pochi mesi lo trasforma in un'autentica corazzata. La Serie A arriva solo dopo i play-off ma il Livorno domina il campionato dall'inizio alla fine e, sino al pareggio beffa di Terni giunto al minuto 93 della terzultima giornata, era saldamente in posizione utile per l'accesso diretto alla massima serie. Moduli adattati alle evenienze e ai giocatori. Inizia con un 4-3-3 ma presto ripiega sulla difesa a tre per sfruttare al meglio le raffinate qualità in fase di impostazione del centrale difensivo brasiliano Emerson. 3-4-3 o 3-5-2, il risultato però non cambia: Paulinho e Siligardi segnano caterve di gol, il gioco diverte e la promozione è meritata.
Poi il grande palcoscenico della Serie A, affrontato però con una squadra probabilmente inadeguata. Il 13 gennaio viene esonerato con il Livorno in penultima posizione. Tuttavia con Di Carlo (proprio lui, primo concorrente per la panchina del galletto) la classifica dei labronici non migliora e la piazza invoca a gran voce il ritorno di Nicola. Spinelli si piega alla vox populi e richiama il tecnico piemontese a quattro giornate dal termine. La situazione però è ormai compromessa. Quattro partite, quattro sconfitte. Addio Serie A.
In estate lo stesso Spinelli tenta di convincere Nicola a restare alla guida degli amaranto. Nulla da fare, Nicola vuole garanzie e un progetto importante che il patron non può garantirgli. E' divorzio, consensuale e senza rumore. Come nel suo stile.
Chi conosce da vicino Davide Nicola lo descrive innanzitutto come un grande motivatore. Un uomo predisposto al dialogo e all'ascolto. Si dice che molti calciatori gli confidassero perfino problemi riguardanti la sfera strettamente privata. I moduli vengono in secondo piano, prima bisogna riuscire a tirar fuori il meglio da ciascun giocatore. E' stato lui personalmente a volere il celebre cerchio dei giocatori del Livorno al termine di ogni partita, che fosse vittoria schiacciante o sconfitta umiliante. Tutti uniti, per parlare, guardarsi negli occhi, sentirsi squadra. Parliamo, inoltre, di una persona dal cospicuo bagaglio culturale e che può contare perfino su diversi studi in psicologia, oltre che su un patentino da allenatore conseguito a pieni voti. Sulla sua vita privata, invece, pesa l'enorme dramma della recente perdita del figlio 14enne, travolto da un autobus mentre era in bicicletta. Una ferita sanguinante e incurabile, ma che forse potrebbe riportare una piazza diventata ormai schizofrenica, a ridare il giusto peso alle cose.
Sulla carta l'uomo perfetto per riaddrizzare una situazione ormai allo sfascio. Una sorta di Mr.Wolf dai modi garbati. Un allenatore, ma anche uno psicologo. Requisito che deve aver pesato non poco nella scelta di Paparesta. Perchè è ormai evidente che gli affanni di questa squadra risiedano nella testa molto prima che nei piedi. Al netto di errori di mercato e di discutibili scelte dell'ex-tecnico, infatti, nelle ultime uscite si è vista una squadra realmente in stato comatoso. Zero gioco, zero idee, zero mordente. E poi le urla e le accuse reciproche: segnali piuttosto palesi di uno spogliatoio corroso dall'interno.
Nicola, dunque, si trova di fronte ad una delle più difficili sfide della sua vita professionale. Dovrà essere in grado di rimettere insieme i cocci di un vaso frantumato, riarmonizzando e rivitalizzando un gruppo entrato in una profonda spirale negativa. Il tutto in un clima non esattamente ideale, con una piazza delusa e facilmente irritabile. E propio alla piazza si chiede maggiore serenità ed equilibrio nei giudizi e nelle reazioni. E' inaccettabile essere diventati una potenziale bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all'altro, come appena dimostrato dal vergognoso episodio fra Sciaudone ed un tifoso.
Un concetto deve esser ben chiaro. Non si pensi che sia bastato allontanare Mangia per risolvere in un batter d'occhio tutti problemi del nuovo Bari. Nicola non ha bacchetta magica, come non l'avrebbe avuta chiunque fosse arrivato al suo posto. Non esiste una ricetta sicura per uscire dalla crisi. Al momento, l'imperativo è uno solo: lavorare, lavorare e ancora lavorare. Con silenzio, abnegazione e soprattutto umiltà. Davide Nicola, per lo meno, è l'esatta sintesi di questo tipo di cultura del lavoro.
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