Il primo mondiale del nuovo millennio è anche il primo disputato in Asia. Si rompe, dunque, il botta e risposta tra Europa e America che durava da 70 anni. Ma non la sola novità, perché per la prima volta il torneo si disputa sui campi di due Paesi contemporaneamente. L’epilogo è inedito, ma nel solco della tradizione. Le finaliste Brasile e Germania, infatti, non si sono mai affrontate prima, ma sommano nel loro palmares sette titoli mondiali.
CAMPIONI SPOMPATI – Fallita la Controriforma che aveva riportato un tecnico federale sulla panchina della nazionale, gli azzurri vengono affidati a una leggenda vivente come Dino Zoff, che bene ha fatto alla guida di Juventus e Lazio. L’Euro 2000 è insieme esaltante e drammatico, con la finale persa al golden gol contro la Francia, dopo aver visto sfumare la vittoria in pieno recupero. All’indomani della gara, Zoff rassegna le dimissioni, in polemica con le critiche piovutegli addosso da Berlusconi. Spazio, quindi, ad un altro mostro sacro delle panchine, Giovanni Trapattoni. La qualificazione arriva senza affanno e l’Italia si presenta all’appuntamento tra le favorite, dietro la sola Francia, campione del mondo e d’Europa in carica. Altre squadre attese ad un buon torneo sono l’Argentina, la Spagna e l’Inghilterra, che ha maramaldeggiato in casa della Germania, poi qualificatasi allo spareggio. Chi ha fatto più fatica è stato di certo il Brasile, solo quarto nel girone sudamericano e in dubbio fino all’ultimo. L’unica grande assente, dunque, è l’Olanda, sopravanzata da Portogallo e Irlanda, che tornano a farsi vive dopo un’assenza che per i lusitani durava dal 1986. Ma le polemiche maggiori sorgono per via delle massacranti stagioni alle quali sono sottoposti i migliori giocatori con le maglie dei club. Alla vigilia, infatti, la Francia perde Pires e ha Zidane in non perfette condizioni, così come non sono al meglio i nostri Totti e Vieri. L’Inghilterra deve fare a meno di Gerrard, con Beckham reduce da una frattura al piede, e il Brasile ha anch’esso i suoi problemi, con Ronaldo e Rivaldo, oltre a Emerson, infortunatosi durante il ritiro.
DUE GRANDI IN MENO – Come ad Italia 90, la sorpresa più grande arriva fin dalla gara inaugurale. La Francia, priva di Zidane, è come accecata e il Senegal, all’esordio, porta a casa un successo storico. I galletti scivolano velocemente verso l’eliminazione, arrivata senza segnare nemmeno un gol e con un solo punto, conquistato contro l’Uruguay. Al primo posto c’è la Danimarca, che sbaglia raramente e sfrutta appieno un Tomasson in forma smagliante. Dietro di loro i senegalesi, che all’ultimo turno si fanno raggiungere dall’Uruguay sul 3-3, dopo il 3-0 del primo tempo. Nessun problema per la Spagna, che vince il proprio girone a punteggio pieno. Vince dunque anche all’esordio, come non le capitava dal 1950. Alle sue spalle si qualifica il Paraguay allenato da Cesare Maldini, che conquista gli ottavi a cinque minuti dal termine della gara con l’eliminata Slovenia, mentre il Sudafrica non riesce a strappare un punto alle riserve spagnole. Tutto facile anche per il Brasile, che arriva al mondiale con molti dubbi. Le uniche difficoltà, comunque, i verdeoro le incontrano con la Turchia, battuta con aiuti arbitrali. Cina e Costarica non oppongono alcuna resistenza, così i turchi possono festeggiare gli ottavi, alla loro seconda partecipazione dopo quella del 1954. Il lato “coreano” del tabellone si chiude col girone dei padroni di casa, che sorprendono fin dall’esordio. Il successo contro la Polonia è il primo, per la Corea del Sud, in una fase finale. Seguiranno il pari con gli Usa e un’altra vittoria, importantissima, col Portogallo. I lusitani, grandi delusi del girone, cedono dunque la seconda piazza proprio agli statunitensi, che li avevano battuti nella prima gara e che si permettono pure il lusso di perdere malamente con l’opaca Polonia.
La Germania parte dilagando per 8-0, maggior vittoria “mondiale” dei tedeschi, sulla malcapitata Arabia Saudita. In grande spolvero Klose, che terminerà il girone con cinque reti, candidandosi al titolo di capocannoniere. Il secondo posto lo conquista l’Irlanda, che sfrutta la sua storica abilità difensiva per strappare il punto decisivo proprio contro i tedeschi e condannare all’eliminazione il Camerun. Nel “girone della morte”, come viene ribattezzato il gruppo F, l’Argentina testa di serie parte bene, superando la Nigeria con la rete di Batistuta, ma poi incappa nella sconfitta con l’Inghilterra, nella gara più attesa della prima fase. Ai sudamericani tocca battere la Svezia, per scavalcarla in classifica, e invece si ritrova sotto a inizio ripresa, riuscendo solo a pareggiare nel finale. Saluta il torneo un’altra protagonista, dunque, dopo Francia e Portogallo, mentre gli inglesi si accontentano del secondo posto impattando a reti bianche con i nigeriani. Così come i coreani, anche i giapponesi esaltano i loro tifosi. Dopo il pareggio col Belgio, i successi con Russia e Tunisia (i primi in una fase finale) valgono loro il primo posto del girone e lo storico passaggio agli ottavi. Alle loro spalle il Belgio, che nella gara decisiva riesce a battere e scavalcare una Russia troppo rinunciataria. Infine l’Italia, che parte bene battendo per 2-0 l’esordiente Ecuador con una doppietta di Vieri. Nel frattempo il Messico supera di misura la Croazia e si candida come damigella degli azzurri. Al secondo turno, però, mentre i messicani si ripetono eliminando dai giochi l’Ecuador, l’Italia si fa ribaltare dalla Croazia il vantaggio iniziale di Vieri. Ora bisogna battere il Messico per avere la certezza degli ottavi, ma sono invece i centroamericani a colpire per primi, costringendoci alla rincorsa, completata dal subentrato Del Piero. Per nostra fortuna l’Ecuador batte la Croazia e ci salva da una clamorosa eliminazione. Il secondo posto, però, ci proietta direttamente nella tana del lupo coreano.
UNA NUOVA COREA – Gli ottavi si aprono con una partita da dimenticare quanto prima. Il Paraguay imposta la gara con la Germania con l’unico obiettivo di arrivare imbattuto ai calci di rigore. Così come quattro anni prima, però, alla fine si deve arrendere. Il giustiziere stavolta è Neuville, a due minuti dal novantesimo. Sorprende l’esito della sfida tra Danimarca e Inghilterra, soprattutto per la portata del successo inglese. I danesi, che fin qui avevano ben impressionato, vengono traditi dal loro portiere Sorensen, inguardabile su almeno due dei tre gol avversari che già nel primo tempo chiudono la pratica. Il giorno dopo, il Senegal eguaglia il Camerun di Italia 90 qualificandosi ai quarti. La Svezia si fa preferire nei minuti iniziali, ma poi viene sfiancata dal caldo ed esce fuori la migliore tenuta atletica degli africani, con Henri Camara che prima pareggia e poi sigla il primo golden gol del torneo. Tanta fatica, come previsto, per la Spagna, chiamata a sbarazzarsi dell’Irlanda. Mendieta illude subito le Furie Rosse, raggiunte allo scadere su rigore. Ed è proprio ai rigori che riescono ad avanzare, in una sagra dell’errore nella quale si esalta Casillas, che dopo averne parato già uno nei tempi regolamentari si ripete altre due volte. La realizzazione decisiva, alla fine, è di Mendieta.
Terza giornata degli ottavi con un doppio 2-0. Nel derby nordamericano, gli Stati Uniti hanno la meglio sul Messico sfruttando la loro abilità di rimessa, anche se gli avversari reclamano su un rigore negato. Il Brasile soffre un’ora contro il Belgio, al quale viene pure annullato un gol apparso regolare. Alla fine, però, si affida ai suoi due uomini migliori, Rivaldo e Ronaldo, finora a segno entrambi in tutte le gare disputate. Tocca poi alle padrone di casa. Il Giappone cade contro una Turchia implacabile, alla quale basta la rete di Umit Davala in avvio per lanciarsi nei quarti. La Corea “ospita” l’Italia a Daejeon, in uno stadio infuocato. Pronti via, e l’ecuadoriano Moreno ci fa subito intendere che non sarà semplice, regalando un rigore ai coreani. Buffon si supera su Ahn, e quando, poco dopo, Vieri porta in vantaggio i nostri, sembra che il peggio sia passato. Nella ripresa, però, Hiddink inizia a buttare dentro un attaccante dietro l’altro, costringendoci sulla difensiva. Perdiamo per infortunio Zambrotta, rimpiazzandolo con Di Livio, ma abbiamo due buone occasioni in contropiede, non sfruttate da Vieri e Totti. A tre minuti dal termine, però, un rimpallo su Panucci fa terminare la palla sul sinistro di Seol, che scocca un tiro imparabile per il clamoroso pareggio. Nei supplementari Moreno si inventa l’espulsione di Totti ma, pur in dieci, sono gli azzurri ad avere le occasioni migliori. Fino, nuovamente, a due minuti dal termine, quando Ahn insacca di testa su un traversone dalla sinistra. Dopo tre eliminazioni ai rigori, l’Italia esce al golden gol, che già ci aveva fatto male all’Europeo.
COREA, PER FORZA – Dopo la sbornia coreana si riparte con una classica, tra Brasile e Inghilterra. Il miglior attacco del torneo, quello brasiliano, soffre per tutto il primo tempo contro la miglior difesa, quella inglese. Sono anzi proprio i bianchi a passare in vantaggio, quando Owen sfrutta uno svarione di Lucio per freddare Marcos. Proprio a pochi istanti dall’intervallo, però, Ronaldinho prende palla a centrocampo, avanza fino all’area di rigore spargendo il panico intorno a sé e serve Rivaldo, che con un sinistro chirurgico pareggia. Ad inizio ripresa si decide il match, quando Seaman si addormenta su una punizione dalla trequarti di Ronaldinho. La parabola che termina nell’angolino lo trova troppo lontano dai pali. Nemmeno l’espulsione dello stesso Ronaldinho scompone il Brasile, che si difende con ordine e porta a casa la nona semifinale della sua storia. Alla Germania, messa in difficoltà dagli Stati Uniti per la prima mezzora, basta un colpo di testa di Ballack per tornare tra le prime quattro dopo due mondiali di assenza ed eliminare la prima delle sorprese del torneo, che protestano per un possibile rigore nella ripresa.
Tocca poi alla Spagna, far fronte allo spauracchio coreano. La tensione è a mille perché per entrambe la semifinale sarebbe un traguardo storico. La prima per la Corea (e per un’asiatica in generale) e un ritorno per la Spagna, che manca tra le prime quattro dal 1950. Anche per questo motivo i novanta minuti regolamentari regalano ben poche emozioni, con gli spagnoli che reclamano per un gol annullato non si sa perché. Ma non è ancora il peggio, che viene raggiunto nel primo tempo supplementare. Azione di Joaquín sulla destra e cross per Morientes che insacca, mentre però l’arbitro egiziano Al-Ghandour si affretta ad annullare perché la palla è uscita. Decisione subito smentita dal replay. Con le energie al lumicino, la maggiore tecnica degli iberici spicca nettamente, ma l’ultimo tentativo, con una girata di Morientes, si stampa sul palo. La Spagna si deve guadagnare la qualificazione nuovamente dal dischetto, sperando ancora in Casillas. E invece i coreani fanno cinque su cinque e l’errore di Joaquín costringe la Spagna alla resa. Resta da stabilire la quarta finalista tra le due maggiori sorprese, Senegal e Turchia. Gli africano partono meglio, ma subiscono il ritorno dei turchi e preferiscono agire di rimessa. Il risultato, comunque, non si sblocca fino al novantesimo. Al quarto minuto dei supplementari, però, l’equilibrio si sblocca. Cross di Umit Davala e girata vincente di Ilhan, entrato nella ripresa per Hakan Sukur. Sfuma nuovamente, dunque, la prima semifinale africana, mentre la Turchia va ad affrontare nuovamente il Brasile.
NOIA E TRADIZIONE – Le due semifinali hanno due grandi favorite, Germania e Brasile, opposte a squadre che mai erano giunte fino alla soglia della finalissima. Per i tedeschi, che aprono contro la Corea, l’insidia maggiore è il fattore campo, fin qui fondamentale nel trascinare i padroni di casa alla prima semifinale asiatica della storia. La gara propone comunque una Corea ben organizzata da un mago della panchina come Hiddink, alla seconda semifinale dopo quella colta con l’Olanda quattro anni prima. Le veloci ripartenze di Lee Chun-Soo e di Park Ji-Sung mettono in difficoltà i tedeschi nel primo tempo, nel quale Kahn è chiamato una paio di volta all’intervento. Nella ripresa, la stanchezza fa rallentare i ritmi e la Germania colpisce con Ballack, al termine di un veloce contropiede. Per il leader della squadra la soddisfazione del gol decisivo, a stemperare la delusione per un’ammonizione che gli farà saltare la finalissima. Finisce dunque il sogno, in parte indotto, dei coreani, mentre la Germania raggiunge la sua settima finale, un record.
Record eguagliato il giorno dopo dal Brasile. La Turchia, battuta all’esordio solo grazie ad un rigore regalato, è la squadra che più di ogni altra ha messo in difficoltà Ronaldo e compagni, e il primo tempo lo conferma, anche se Rustu è chiamato a superarsi quando Ronaldo colpisce a botta sicura su una sua respinta su tiro di Rivaldo (quasi una premonizione). La ripresa è iniziata da cinque minuti che Ronaldo, presa palla sulla trequarti, salta un avversario, entra in area e, anticipando l’intervento in chiusura di due difensori, beffa il portiere turco con un improvviso tiro di punta che si infila nell’angolo. È il gol partita, perché la Turchia, salvo negli ultimi minuti di assedio, è incapace di replicare. La finale è inedita a livello di mondiali, ma ad altissimo livello quanto a palmares. Brasile e Germania, infatti, mettono sul piatto ben sette titoli mondiali. Per la Turchia, la soddisfazione del terzo posto conquistato in una bella finalina contro i coreani, impreziosita dalla rete più veloce della storia dei mondiali, messa a segno da Hakan Şükür dopo soli 10 secondi.
LA VENDETTA DI RONALDO – Nel dopoguerra, solo nel 1978 in finale non c’era una delle due squadre. Eppure mai si sono affrontate in gare di Coppa del Mondo. È l’unica stranezza di una finale che ha come protagonista annunciato il capocannoniere del torneo, Ronaldo, che con sei reti precede il compagno di squadra Rivaldo e l’avversario più temibile, Klose. Ma Ronaldo è atteso protagonista anche per cancellare la macchia di quattro anni prima, quando in quel terribile pomeriggio parigino rischiò la vita per poi essere mandato in campo a mostrare al mondo il suo calvario. La Germania, priva del suo faro Ballack, si affida al portiere Kahn, fin qui quasi perfetto, tanto da meritarsi il titolo di miglior giocatore del torneo assegnatogli il giorno prima, con una tempistica decisamente sbagliata. I primi quarantacinque minuti sembrano dare ragione alla FIFA, visto che il portiere tedesco si oppone da campione su una conclusione a botta sicura di Ronaldo. La traversa, invece, si occupa di salvarlo sulla botta da fuori di Kléberson, la sorpresa di questo torneo, diventato titolare in corso d’opera al posto di Juninho per dare maggior vigore al centrocampo, dopo essere stato convocato in extremis al posto dell’infortunato Emerson.
Nella ripresa, ancora Kahn salva dopo una mischia, ma è dall’altra parte che arrivano i brividi, quando Marcos devia sul palo una punizione di Neuville. Scampato il pericolo, il match prende la svolta decisiva dopo venti minuti. Ronaldo prova la percussione, venendo fermato, ma ruba palla ad Hamann e la cede a Rivaldo chiamando il triangolo. Il numero dieci, però, vede uno spiraglio per il suo sinistro e calcia di potenza. Non sarebbe tuttavia un grosso impegno per Kahn, che va a bloccare a terra. Il pallone, però, si trasforma in una saponetta tra i guanti dell’estremo difensore del Bayern. Gli sbatte sul mento e, prima che possa riconquistarlo, Ronaldo interviene come un falco spedendolo in rete. Doccia fredda per i tedeschi, che si trasforma in freddissima poco dopo. Discesa di Kléberson a destra e cross basso. Il velo di Rivaldo libera Ronaldo solo a centro area. Controllo e girata di destro nell’angolino per il due a zero definitivo. Il fischio finale di Collina da il via alla festa del Brasile di Ronaldo. Si, perché con otto reti segnate, il Fenomeno è assoluto protagonista del torneo. Non capitava dal 1970 che il capocannoniere segnasse più di sette gol. Unica nota stonata, la terribile mezzaluna di capelli sulla fronte. Ai record contribuisce anche Cafu, terzino destro e capitano, che alza la Coppa al cielo di Yokohama dopo aver giocato, primo a riuscirci, la terza finale mondiale della carriera.
IL CAMPIONE DEI CAMPIONI
Luís Nazário de Lima “Ronaldo” – Esordisce in nazionale a nemmeno 18 anni e partecipa, pur senza giocare, al vittorioso mondiale di Usa 94. Basta questo per capire le aspettative sulla carriera di questo attaccante che fa di velocità e potenza due armi micidiali. Anche nei primi anni europei, con PSV e Barcellona, quando conquista due coppe nazionali e una Coppa delle Coppe con i catalani. È il 1997, l’anno del clamoroso passaggio all’Inter. Con i nerazzurri conferma l’idiosincrasia ai campionati, beffato dalla Juventus e da Iuliano. Vince però la Coppa Uefa al primo anno. Da allora, un lustro costellato di problemi fisici che di fatto ne minano inesorabilmente il rendimento. Il più grave nel 2000, in Coppa Italia contro la Lazio. Dopo il mondiale vinto nel 2002, e l’ennesimo scudetto sfumato, passa al Real Madrid, col quale finalmente conquista due titoli nazionali. Poi il lento declino, dopo il quarto mondiale, nel 2006, nel quale supera il record di gol “mondiali” di Müller, con stagioni grigie al Milan e al Corinthians.
TABELLINO DELLA FINALISSIMA
Yokohama, 30 giugno 2002
Brasile: Marcos, Cafu, Roberto Carlos, Edmílson, Lúcio, Roque Júnior, Kléberson, Gilberto Silva, Ronaldo (90’ Denílson), Rivaldo, Ronaldinho (85’ Juninho).
Germania: Kahn, Frings, Linke, Jeremies (77’ Asamoah), Metzelder, Ramelow, Schneider, Hamann, Klose (74’ Bierhoff), Bode (84’ Ziege), Neuville.
Marcatori: 67’ Ronaldo(B), 78’ Ronaldo(B).
Autore: Andrea Dipalo
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